Le pareti del capannone non avevano retto alle scosse. Ma il tetto era ancora lì, in alto. Rimasto appoggiato alle scaffalature di acciaio sotto di lui. 2012, terremoto dell’Emilia. Dal finestrino della sua automobile Maurizio Santon, socio fondatore e procuratore speciale della friulana Modul Blok, ha visto almeno quattro casi in cui la struttura metallica degli scaffali è stata più forte anche della muratura che li rivestiva.
«Una scaffalatura costruita con criteri antisismici dovrebbe essere fondamentale» ci dice, «in un’Italia che, di fatto, è in tutte le sue parti a rischio di terremoti». Durante il sisma del 2012 i danni a fabbriche e magazzini sono stati imponenti. «Il 20% degli impianti sono rimasti inutilizzabili dai crolli», spiega Santon, che oltre all’attività in azienda è a capo della sezione Cisi (scaffalature metalliche) da febbraio parte di Aisem. «Il 50% sono stati poi messi in condizione di poter lavorare, mentre il 30% non ha subito danni. «Oggi in Italia solo il 5% dei magazzini sono costruiti con criteri antisismici».
Scaffali a prova di terremoto
Per sorreggere le merci, una scaffalatura deve essere in grado di sostenere il loro peso, quindi resistere ad azioni verticali. Quella sismica è un’azione orizzontale, ciclica, devastante per qualsiasi struttura se non opportunamente fronteggiata. Una scaffalatura antisismica è capace di assorbire queste spinte grazie a specifici elementi, normalmente non presenti in una struttura normale, che conferiscono maggiore rigidezza e riducono le deformazioni globali.
Essenziali per opporsi all’azione sismica sono i fissaggi al suolo, i controventi, i correnti a terra se compatibili con le metodiche di gestione, ma sono importanti anche parametri quali la regolarità geometrica in entrambe le direzioni principali della struttura.
«Una scaffalatura antisismica» spiega Giuseppe Fabbri, consulente tecnico di Aisem, può costare anche il 30% in più rispetto a una scaffalatura che non si pone come obiettivo la protezione di persone e merci in ogni condizione». Ma spesso i costi sono legati a una difficile integrazione della scaffalatura con il contesto in cui viene installata. «Se, ad esempio, il pavimento di un magazzino è appena sufficiente ad
installare scaffalature di notevole portata, è difficile che questo possa trattenerle in caso di onda sismica».
Inizia quindi un processo di revisione e “adattamento” del progetto originale che porta, ad esempio, ad aumentare la dimensione delle piastre di base e impone un maggiore numero di ancoraggi, «ma è chiaro»
continua Fabbri, «che ogni cambiamento o aggiunta inattesa prevede costi e dispersioni di risorse».
Tratto da: L’Industria Meccanica n.703 maggio/giugno 2016.