Linea guida la gestione dei rifiuti da manutenzione

La presente guida – rivolta a tutti gli operatori della filiera antincendio, nonché agli utilizzatori finali – intende agevolare la comprensione di alcune basilari nozioni correlate al tema generale della gestione dei rifiuti.

Dopo aver individuato se trattasi di rifiuto urbano o speciale in relazione a quanto definito all’art. 184, comma 2 o 3 del D.lgs 152/2006 (smi), i rifiuti debbono essere codificati in base all’elenco europeo dei rifiuti.

I codici EER sono sequenze numeriche, composte da 6 cifre riunite in coppie, volte ad identificare un rifiuto, di norma, in base al processo produttivo da cui è originato: le prime due cifre individuano il “capitolo”, le seconde due il “sottocapitolo” e le ultime due lo specifico rifiuto rientrante in un determinato processo produttivo.

Nella fase di attribuzione del codice EER al rifiuto, le scelte dovranno essere dettate da criteri quali:

  • la specificità – ovvero, se un rifiuto può essere riconducibile a diversi codici, la scelta di attribuzione dovrà ricadere su quello che meglio lo identifica come provenienza e caratteristiche, evitando di attribuirgli per quanto possibile un codice più generico
  • la prevalenza di una singola frazione sul complesso, nel caso di un contesto di raccolta multimateriale (es vetro ed alluminio od imballaggi).

Dopo aver individuato il codice EER pertinente, per verificare se un determinato rifiuto va classificato come pericoloso, occorre procedere nel modo seguente.

Se il codice EER pertinente è seguito da un asterisco, i rifiuti «sono pericolosi ai sensi della direttiva 2008/98/CE e ad essi si applicano le disposizioni della medesima direttiva» (a condizione che non siano rifiuti domestici); in questo caso, il rifiuto va considerato pericoloso senza la necessità di effettuare ulteriori analisi, vanno comunque individuate le caratteristiche di pericolo.

Se lo stesso rifiuto può essere catalogato con due codici EER differenti, di cui uno con asterisco ed il secondo senza asterisco (codici “a specchio”) e quindi mediante riferimento specifico o generico a sostanze pericolose [ossia se nella sua descrizione vengono specificamente o genericamente menzionate sostanze pericolose come elementi caratterizzanti il rifiuto stesso], esso è classificato come pericoloso [e gli va attribuito il codice con asterisco] solo se le sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio, percentuale rispetto al peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o più caratteristiche di pericolo (allegato I alla parte quarta del D.lgs. n. 152/2006 modificato da ultimo dal regolamento (UE) n. 1357/2014).

L’accertamento qualitativo, ossia la verifica analitica dell’effettiva presenza nel rifiuto di caratteristiche di pericolo, è necessario solo per i rifiuti con “codice a specchio” al fine di attribuire o meno il codice con asterisco, e quindi la classificazione di pericoloso, solo ai rifiuti che risultino possedere, sulla base di quanto sopra evidenziato, una o più delle caratteristiche di pericolo “codificate”.

Va infine ricordato che è compito e responsabilità del produttore o di colui che smaltisce o tratta il rifiuto di classificarlo correttamente, in base ai criteri sopra richiamati, come confermato dal D.L. 91/17, prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione.

L’Associazione ringrazia per il prezioso supporto ricevuto per la stesura della presente linea guida ASSOAMBIENTE, l’Associazione che in FISE (Federazione Imprese di Servizi) rappresenta a livello nazionale e comunitario le imprese private che gestiscono servizi ambientali.

Download

 

Condividi